“Quando le istituzioni sono presenti, anche le famiglie, i cittadini e la società civile si attivano”. Così si può riassumere il progetto “Prevenzione ondate di calore” del Comune di Bologna iniziato il 15 giugno e terminato lo scorso 15 settembre. A parlare è Loris Baraldi, coordinatore di Anteas G. Fanin, una delle associazioni aderenti, assieme a Croce Italia, Croce Rossa e Auser, che ci spiega così l’alchimia creatasi tra associazioni, pubblica amministrazione e cittadinanza attorno al tema emergenza caldo. Il progetto ha permesso, a fronte di un’estate particolarmente torrida, di mantenere contenuto il numero delle segnalazioni, grazie proprio alla maggiore attenzione degli attori coinvolti, a partire dai familiari delle persone anziane e fragili.
Come ogni anno, all’interno del progetto Prevenzione ondate di calore – coordinato da Cup 2000 – è stato attivato il piano MAIS (Monitoraggio Anziani In Solitudine), un’azione realizzata in rete con le associazioni di volontariato partner del progetto con l’obiettivo di prevedere una programmazione di interventi di emergenza in aiuto della popolazione anziana a rischio, qualora si preveda che la durata delle ondate di calore possa avere delle ripercussioni sulla salute degli anziani individuati dall’azienda USL di Bologna.
Destinatari del progetto sono stati gli anziani con patologie croniche o soli. Il totale degli utenti da contattare per il piano si è stabilito quest’anno a quota 2521 con picchi di oltre 300 chiamate al giorno. Durante le stesse, la preoccupazione principale degli operatori/volontari è stata di accertarsi della presenza o meno di supporto familiare e non, fornendo una serie di consigli utili da seguire nelle giornate più torride.
Tra i vari servizi offerti, il principale è stato il monitoraggio telefonico, accompagnato dall’assistenza domiciliare, dal supporto infermieristico telefonico e dalla consegna di farmaci a domicilio, coinvolgendo associazioni del territorio e le farmacie Federfarma Bologna e Lloyds farmacie.
Tanti i feedback positivi e gli aneddoti simpatici raccolti dai volontari. “Abbiamo seguito un utente senza tetto in zona universitaria” – ci racconta Leonardo Romano, volontario di Croce Italia – “Per la sua stazza e rivendicazione di autonomia abbiamo fatto fatica a gestirlo, ma avendolo accompagnato più volte in ambulatorio si è creato un rapporto più intimo tra noi, lui e gli infermieri della struttura. Ora il servizio è finito, ma con lui resta un rapporto più confidenziale ogni volta che ci si incontra”.
Un altro aneddoto particolare è quello che ci riferisce Anna Trevisani, responsabile di AUSER, che ha raccontato di come un volontario abbia dovuto accompagnare un’anziana presso il cimitero Certosa – a detta di quest’ultima – per “relazionarsi” con i suoi cari. A dimostrazione di come i bisogni primari non si limitino solo alla dimensione biologica, ma sfocino anche in quella sociale e relazionale.
Filo conduttore di tutte le testimonianze ricevute è stata l’idea di concepire questo tipo di progetto non come un semplice servizio di trasporto ma – come ribadito da Angela Nasi, referente dell’associazione Croce Rossa Italiana – “un vero e proprio servizio di accompagnamento e di entrata in empatia con l’utente”.
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